ELOISE
P. CINQUANTOTTO E CINQUANTANOVE
Arrivarono
al castello. Raggiunsero il loro alloggio e Oliver si distese sulla sua branda.
Era pallido e si premeva la pancia come se fosse ferito ma così non sembrava.
Si addormentò e cominciò a sudare, scottava dalla febbre e i suoi compagni
chiamarono subito il guaritore.
Eloise lo
osservava preoccupata. Ha passato di
peggio, miss Eloise, non si preoccupi. Se è pronta l’accompagno a casa. Le
disse Allen.
Erano
entrambi affaticati e anche preoccupati. Mi
raccomando, miss Eloise, non faccia parola con nessuno di quanto è successo. Ha
ragione sir Power, chiunque ci sia dietro a tutto questo non si aspetta di come
sono andate le cose. Speriamo di riuscire a capirci di più. Si riposi. Le
disse mentre scendeva da cavallo e salutava sua madre sulla porta di casa.
Cercò di
sorridere e lasciò Beatrice a suo padre. Rose l’abbracciò e l’accompagnò in
casa. Mi sembri stanca. Com’è andata a
palazzo? Le chiese mentre si sedevano.
Eloise
assunse un’aria allegra. Non indovinerai
mai! Disse a sua madre lasciandola col fiato sospeso. Ho ballato col re! E le raccontò ogni cosa, tralasciando tutto
quello che non poteva dire.
Finalmente
potè raggiungere la sua camera. Il profumo di rosa era più intenso di quanto
ricordasse, si sentiva finalmente al sicuro e, chiuse gli occhi addormentandosi.
Giugno era
il suo mese preferito. Il caldo non ancora soffocante le permetteva di lavorare
o di cavalcare senza problemi.
Era l’inizio
di luglio, era passato circa un mese da quando era tornata a casa. Sua madre
aveva invitato alcune amiche e miss Maffy per ascoltare il racconto di Eloise.
La ragazza non ne poteva più di mentire ma sapeva che non c’era altro modo.
Il caldo
soffocante del pomeriggio l’aveva costretta a non uscire di casa. Era seduta
con sua madre e rammendava alcuni indumenti. Tom era impegnato col suo lavoro
ma lei non se la sentiva di stare alla fucina.
Furono
sorprese di sentire arrivare un cavallo. Il nuovo venuto non ebbe nemmeno il
tempo di bussare che Eloise aveva già aperta la porta.
Steven la
guardava in modo strano. Vuole entrare,
sir Steven? Gli chiese.
L’uomo
sembrava impacciato e la ragazza cominciava ad innervosirsi.
Cosa l’ha portata fino a qui in un
pomeriggio così torrido? Gli chiese.
Temo di avere cattive notizie, miss
Eloise. Oliver sta molto male e… non finì la frase.
Eloise corse
fuori come un fulmine e in pochi minuti era di ritorno in sella a Beatrice.
Partirono al
galoppo senza dire nemmeno una parola.
Arrivarono
al castello a tempo di record. Eloise sbalzò di sella e lasciò Beatrice senza
nemmeno affidarla a qualcuno. Entrò di corsa nell’alloggio delle guardie. Tre
figure erano intorno alla branda di Oliver. Eloise si fece largo e raggiunse il
capezzale del suo amico. Fu sconvolta da quello che vide. L’uomo era pallido da
sembrare morto e respirava a fatica. Alzò lo sguardo sugli uomini presenti,
Allen la prese per mano e l’allontanò.
Cos’è successo? Gli chiese con gli occhi lucidi.
Non si è più ripreso da quando siamo
tornati. Il guaritore non capiva cosa lo facesse stare così male, non c’erano
ferite visibili fino a quando una grande macchia scura è comparsa sull’addome.
Ha tentato tutto il possibile ma la febbre non è mai calata. Sta morendo, miss
Eloise, per questo l’abbiamo chiamata. Le disse sinceramente.
Lacrime
silenziose scesero sulle guance che la ragazza si asciugò rabbiosamente, non
voleva crederci.
Rientrò e si
sedette al fianco del suo amico, il suo unico vero amico. Gli prese la mano e
con l’altra gli passò il panno umido sulla fronte.
Sono qui, Oliver, sono Eloise. Ti
prego apri gli occhi. Gli disse dolcemente.
Il respiro
dell’uomo si faceva sempre più difficoltoso ma trovò la forza di aprire gli
occhi. Pozzi profondi e senza fondo come la vita che lo stava abbandonando, lo
capirono tutti, lui compreso. Riuscì a fare un lieve sorriso prima di esalare
l’ultimo respiro, abbandonare il capo sul cuscino e lasciare dolcemente la mano
di Eloise.
La ragazza
piangeva senza ritegno. Provava un dolore immenso, era consapevole che gli
sarebbe mancato in modo inverosimile, era l’unico amico, l’unico uomo del quale
si fidava, che amava come un fratello, ora non aveva più nessuno al suo fianco.
I quattro
uomini avevano gli occhi lucidi, Allen avrebbe voluto imprecare, spaccare
qualcosa ma sapeva bene che non sarebbe servito a niente. Sir Power uscì in silenzio.
Perché non mi avete chiamato prima?
Avrei potuto stare con lui, aiutarlo. Diceva fra i singhiozzi.
Rimase
parecchio ad osservare quel viso che non avrebbe più rivisto, non avrebbe più
sentito la sua voce, non avrebbe più goduto della sua compagnia, della sua
bontà e della sua generosità. Riprese a piangere senza ritegno. E’ solo colpa sua. Disse riferendosi a
sir Power.
Non lo dica nemmeno. Questo è il
nostro lavoro, la nostra missione e Oliver più di tutti sapeva il rischio che
stiamo correndo. Le
rispose gentilmente Allen.
Eloise si
alzò. Lanciò un ultimo sguardo al suo amico.
Torno a casa. Ho bisogno di stare
sola.
Li lasciò in
quella stanza, senza nemmeno voler sapere dove avrebbero tumulato il corpo di
Oliver. Aveva solo voglia di correre a casa e sfogare da sola il suo dolore.
Salì in
groppa a Beatrice e scappò letteralmente via da quel castello che cominciava a
odiare.
Era davvero
grande il dolore che provava. L’estate stava passando e lei non era ancora
riuscita a superare il dispiacere. Incolpava sir Power, anche se sapeva bene
che era solo una scusa ma aveva bisogno di sfogare il suo risentimento, la sua
rabbia su qualcuno e il cavaliere le sembrava il più colpevole di tutti.
Settembre
era iniziato con la dolcezza dell’estate che stava finendo. Eloise non era più
stata al castello, sapeva da suo padre, che era stato chiamato per dei consigli,
che i lavori erano davvero molto avanzati e che quell’inverno il padrone e
molta altra gente avrebbe avuto un tetto sulla testa e un vero camino per
superare il gelo.
L’unica cosa
che le ricordava il castello era il persistente profumo di rosa.
Sua madre le
aveva chiesto se voleva andare alla scuola di ballo anche quell’anno, ma lei
aveva rifiutato. Rose e Tom erano preoccupati, la loro figlia non aveva voglia
di uscire nemmeno con Beatrice, passava le giornate ad aiutare suo padre e la
sera cadeva distrutta sul letto con la speranza di addormentarsi senza pensieri
e, soprattutto senza sogni.
Era una
domenica dolce e serena di metà settembre e l’intera famiglia era ancora a
tavola. L’atmosfera non era delle più allegre e Rose non sapeva più cosa
inventarsi per aiutare sua figlia.
Zoccoli di
cavalli annunciarono l’arrivo di qualcuno.
Uscirono
tutti sotto il portico. Allen ed uno sconosciuto scesero da cavallo e furono
invitati ad entrare. Fu servita birra fresca e, discretamente Rose e Tom
lasciarono Eloise con gli ospiti.
Come sta, miss Eloise? Le chiese gentilmente Allen. La
ragazza rispose con un accenno di sorriso.
Sono venuto per due motivi. Il primo
è per consegnarle questi. Le allungò alcuni fogli che la ragazza guardò sbalordita. Erano tutti
ritratti suoi. Alzò lo sguardo interrogativamente. Sono opere di Oliver, per questo glieli ho portati, è giusto che li
tenga lei.
Alcune
lacrime bagnarono il primo foglio prima che si asciugasse gli occhi. Non sapevo che sapesse disegnare così bene. Disse.
Nemmeno noi, li abbiamo trovati
mentre sistemavamo le sue cose e non abbiamo avuto il coraggio di guardarli.
Sono suoi, spero le facciano piacere. Le rispose.
Eloise
accarezzava quei fogli e osservava il suo ritratto ripreso in varie
espressioni. Grazie, grazie di cuore per
il pensiero che avete avuto. Disse rimanendo in attesa di conoscere il
secondo motivo della visita.
Allen
riprese la parola. Le presento sir
Leonard, ora fa parte del nostro gruppo. Non aveva il coraggio di dire che
aveva preso il posto di Oliver.
Eloise gli
sorrise. Era un ragazzo dal viso magro, una capigliatura chiara e una barba
corta e talmente chiara che quasi non si vedeva. Sembrava uno spilungone ma era
chiaro dalle braghe aderenti che era fatto di soli muscoli. Furono le mani che
la attrassero di più: affusolate e dita lunghe che non parevano adatte alle
armi. C’era qualcosa che le sfuggiva, ma non era particolarmente interessata a
scoprire di più.
E’ un piacere conoscerla, miss
Eloise. Disse
soltanto.
Anche per me è un piacere. Gli rispose distratta.
Ci furono
minuti di imbarazzante silenzio. Eloise si riprese. Come stanno gli altri, sir Allen? E la sua ferita sulla schiena?
Allen
sorrise. Stiamo tutti bene, anche sir Power che è sempre più intrattabile.
Il silenzio
si faceva imbarazzante. Era inusuale che Eloise fosse così taciturna. Quando vorrà parlare con qualcuno, per
tutto, io ci sarò sempre. Era insito a cosa si riferisse Allen.
Vorrei solo che tutto finisse e che
Oliver non fosse morto invano. Si alzò e li accompagnò alla porta.
Rimase ad
osservare mentre si allontanavano. Rientrò e si chiuse in camera ad ammirare i
suoi ritratti, era un bel ricordo che le rimaneva di Oliver. Ricominciò a
piangere senza ritegno fino a che non si addormentò sfinita.
La foschia
era iniziata in anticipo rispetto al solito. L’umidità entrava nelle ossa e
sembrava che il mese che stava finendo stesse passando all’autunno senza darsi
pena di terminare l’estate.
Si era
coperta col mantello pesante ed era uscita in groppa a Beatrice. L’ansa del
fiume era colorata di grigio come il cielo, il piccolo fiume si sarebbe presto
ingrossato ma rimaneva sempre il suo posto preferito.
Lasciò
Beatrice e si sedette incurante dell’umidità che le bagnava i capelli.
Ripensò a
tutto quello che era successo, alcuni brividi la fecero tremare quando ripensò
all’agguato alla palude, alla fine che avrebbe dovuto fare. Aveva ucciso un
uomo e non provava nessun rimorso, era solo arrabbiata con se stessa per non
essere intervenuta prima, se lo avesse fatto, forse, chissà… lasciò che le
ultime lacrime si mescolassero alle gocce di umidità, non avrebbe più pianto,
era ora di voltare pagina, onorare la memoria di Oliver significava anche
continuare a vivere.
Sentì alcuni
passi scricchiolare sui sassi. Pensando potesse trattarsi di sir Power non alzò
nemmeno il viso.
Fu sorpresa
di sentire la voce di sir Leonard. Buon
pomeriggio, miss Eloise. Non abbia timore, sapevo che l’avrei incontrata qui. Le
disse.
Lei mi sta seguendo? Gli chiese un po’arrabbiata.
Io la sto proteggendo, che lei lo
voglia o no. E’ ora che lei sappia chi sono e per quale motivo sono qui. Le disse dandogli la mano e
accompagnandola sotto un grande albero.
Eloise lo
guardava aspettando di conoscere quello che voleva dirle. Per un attimo, ma
solo per un attimo pensò che era davvero un gran bel ragazzo.
foto dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti
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