VERONICA
Sono
la piccola Veronica. Nella mia breve vita non ho avuto voce in capitolo perché
non ho avuto tempo per imparare a parlare ma, sapevo piangere, e piangevo.
Quanto ho pianto!
Ho
iniziato la mia esistenza quando ancora ero nel pancione della mamma e con lei,
fin dall’inizio, ho avuto un costante colloquio; colloquio nel quale non
servivano le parole: comunicavamo per mezzo del nostro amore.
Stando
dentro di lei sentivo con le sue orecchie, vedevo con i suoi occhi e ascoltavo
con il suo cuore: tutto quello che lei provava io lo capivo. Fu così che iniziò
il nostro rapporto di infinito amore, mamma Piera me lo insegnò fin dalle prime
settimane di vita dentro di lei. Quando era felice sentivo un sapore dolce,
quando piangeva sentivo un sapore salato e quando era triste e sconsolata sentivo
un sapore amaro, sapore che poche volte c’è stato.
Volevano
che si liberasse di me, perché era malata e potevo farla morire, e fu in questa
situazione che sentii il sapore più amaro, ma durò poco. Disse subito a tutti
che io ero Veronica, la sua bambina, e non un feto da espellere! (cos’è un
feto? Se si riferivano a me, io ero Veronica!)
Intanto
continuavo a crescere e venivo cullata dal battito del cuore della mamma.
Anch’io mi accorgevo che ogni tanto quei battiti erano strani, proprio come i
miei. Per me erano come musica che mi cullava e mi aiutava a passare il tempo
fino a quando sarei nata.
Molto
spesso la sentivo cantare dolci canzoni e si accarezzava il pancione e io
sentivo tutto, capivo tutto, anche i suoi pensieri più nascosti e profondi. Non
avrebbe mai rinunciato alla sua bambina, e la sua bambina già la amava
immensamente.
Furono
i tempi più sereni e felici per noi due. Lei era preoccupata perché aveva
timore che qualcosa andasse male, io ero felice perché non vedevo l’ora di
vederle il viso.
E
arrivò il momento più temuto ed atteso: sono nata. Che strana sensazione non
sentirmi circondata tutta dal calore del corpo della mamma. “Dov’è la mia
mamma?” E cominciai a piangere. In quel momento abbiamo pianto insieme ed
eravamo ancora più unite di quando mi teneva dentro di lei. Sentivo il calore
della sua pelle, la tenerezza delle sue mani, la dolcezza dei suoi baci
(finalmente i suoi baci!) ed il suo odore così forte e puro che mi riempì di
gioia. Furono soprattutto le sue carezze a conquistarmi, avevano tutto quello
di cui avevo bisogno: quelle mani emanavano amore ad ogni movimento, mentre mi
toccavano gli occhi o quei pochi capelli che avevo, avrei voluto non si
fermassero mai.
Poi,
mi accorsi che il suo cuore batteva in un modo strano e se ne accorsero anche
gli altri. Venni bruscamente tolta dalle sue braccia e quel distacco mi riempì
di paura e di dolore. “Mamma dove sei?
Cosa succede?” Non sentivo più niente di quello che ci univa e cominciai a
piangere. Piangevo, continuamente ed ininterrottamente. Mi misero un ago, poi
un sondino, ma io scalciavo e tiravo pugni: volevo la mia mamma! “Dopo tutto questo tempo non puoi
abbandonarmi, dove sei? Perché non vieni a prendermi?” Altre mani si
presero cura di me, ma erano mani fredde, scostanti, indaffarate, non erano le
tue amorevoli mani e non le volevo. E continuavo a piangere. Da quando si era
spezzato il nostro legame non capivo più quello che mi succedeva intorno:
sentivo solo tanto freddo, il freddo di un’anima sola. E continuavo a piangere.
Poi, finalmente, mi addormentai e tu fosti lì con me. Eri diversa, eterea, più
luminosa e non sentivo le tue carezze ma eri bella ed eri la mia mamma!
“Piccola mia, fatti forza, la mia vita per la tua, devi crescere, vivere e
diventare grande, fallo per me.” Allora capii che te ne eri andata per sempre e
anche nel sonno ricominciai a piangere. “Senza
di te io non voglio restare qui, portami con te, non senti la mia disperazione
per quanto mi manchi? Anch’io sono
arrivata fin qui per te, solo per poter vivere con te e, adesso, non puoi
lasciarmi qui da sola”. “Non sarai mai sola, c’è tutto un mondo che ti
aspetta, altre persone ti ameranno e ti condurranno nella vita, io sarò sempre,
comunque, parte di te.” “Tu mi hai
tradito, mamma, se mi abbandoni qui ti odierò per sempre; prendi la mia piccola
mano e portami lì con te.”
Calde
e lente lacrime scesero copiose dai tuoi occhi. Pensai che gli angeli non
piangono, ma tu eri più di un angelo, eri la mia mamma e anch’io piansi in
silenzio. “Mamma portami con te, se mi
ami veramente, prendimi fra le tue braccia.” Girasti la testa e qualcuno ti
fece un cenno, qualcuno aveva capito la nostra disperazione, la nostra unione,
quel legame che non si era ancora spezzato del tutto e allungasti le braccia,
mi prendesti in braccio e fu di nuovo amore infinito fra noi: i tuoi baci, le
tue carezze il nostro amore sarebbero continuati per l’eternità.
Nessuno
capì il vero motivo di quella mia morte improvvisa.
Nessuno capì che quello era il compimento del
Disegno Divino che ci riguardava.
In pochi capirono fino in fondo l’insegnamento
di quella madre: un bambino è tale fin dal concepimento, e una madre, per il
proprio figlio dona anche la vita, una vita che si può interrompere sulla terra
ma che ora prosegue per l’eternità.
Noi
due capimmo che c’è un amore anche così: breve, intenso e senza fine.
Buon
viaggio a tutti voi.
Veronica
con mamma Piera
foto dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti
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