domenica 14 ottobre 2018

VERONICA


VERONICA



Sono la piccola Veronica. Nella mia breve vita non ho avuto voce in capitolo perché non ho avuto tempo per imparare a parlare ma, sapevo piangere, e piangevo. Quanto ho pianto!
Ho iniziato la mia esistenza quando ancora ero nel pancione della mamma e con lei, fin dall’inizio, ho avuto un costante colloquio; colloquio nel quale non servivano le parole: comunicavamo per mezzo del nostro amore.
Stando dentro di lei sentivo con le sue orecchie, vedevo con i suoi occhi e ascoltavo con il suo cuore: tutto quello che lei provava io lo capivo. Fu così che iniziò il nostro rapporto di infinito amore, mamma Piera me lo insegnò fin dalle prime settimane di vita dentro di lei. Quando era felice sentivo un sapore dolce, quando piangeva sentivo un sapore salato e quando era triste e sconsolata sentivo un sapore amaro, sapore che poche volte c’è stato.
Volevano che si liberasse di me, perché era malata e potevo farla morire, e fu in questa situazione che sentii il sapore più amaro, ma durò poco. Disse subito a tutti che io ero Veronica, la sua bambina, e non un feto da espellere! (cos’è un feto? Se si riferivano a me, io ero Veronica!)
Intanto continuavo a crescere e venivo cullata dal battito del cuore della mamma. Anch’io mi accorgevo che ogni tanto quei battiti erano strani, proprio come i miei. Per me erano come musica che mi cullava e mi aiutava a passare il tempo fino a quando sarei nata.
Molto spesso la sentivo cantare dolci canzoni e si accarezzava il pancione e io sentivo tutto, capivo tutto, anche i suoi pensieri più nascosti e profondi. Non avrebbe mai rinunciato alla sua bambina, e la sua bambina già la amava immensamente.
Furono i tempi più sereni e felici per noi due. Lei era preoccupata perché aveva timore che qualcosa andasse male, io ero felice perché non vedevo l’ora di vederle il viso.
E arrivò il momento più temuto ed atteso: sono nata. Che strana sensazione non sentirmi circondata tutta dal calore del corpo della mamma. “Dov’è la mia mamma?” E cominciai a piangere. In quel momento abbiamo pianto insieme ed eravamo ancora più unite di quando mi teneva dentro di lei. Sentivo il calore della sua pelle, la tenerezza delle sue mani, la dolcezza dei suoi baci (finalmente i suoi baci!) ed il suo odore così forte e puro che mi riempì di gioia. Furono soprattutto le sue carezze a conquistarmi, avevano tutto quello di cui avevo bisogno: quelle mani emanavano amore ad ogni movimento, mentre mi toccavano gli occhi o quei pochi capelli che avevo, avrei voluto non si fermassero mai.
Poi, mi accorsi che il suo cuore batteva in un modo strano e se ne accorsero anche gli altri. Venni bruscamente tolta dalle sue braccia e quel distacco mi riempì di paura e di dolore. “Mamma dove sei? Cosa succede?” Non sentivo più niente di quello che ci univa e cominciai a piangere. Piangevo, continuamente ed ininterrottamente. Mi misero un ago, poi un sondino, ma io scalciavo e tiravo pugni: volevo la mia mamma! “Dopo tutto questo tempo non puoi abbandonarmi, dove sei? Perché non vieni a prendermi?” Altre mani si presero cura di me, ma erano mani fredde, scostanti, indaffarate, non erano le tue amorevoli mani e non le volevo. E continuavo a piangere. Da quando si era spezzato il nostro legame non capivo più quello che mi succedeva intorno: sentivo solo tanto freddo, il freddo di un’anima sola. E continuavo a piangere. Poi, finalmente, mi addormentai e tu fosti lì con me. Eri diversa, eterea, più luminosa e non sentivo le tue carezze ma eri bella ed eri la mia mamma! “Piccola mia, fatti forza, la mia vita per la tua, devi crescere, vivere e diventare grande, fallo per me.” Allora capii che te ne eri andata per sempre e anche nel sonno ricominciai a piangere. “Senza di te io non voglio restare qui, portami con te, non senti la mia disperazione per quanto mi manchi? Anch’io sono arrivata fin qui per te, solo per poter vivere con te e, adesso, non puoi lasciarmi qui da sola”. “Non sarai mai sola, c’è tutto un mondo che ti aspetta, altre persone ti ameranno e ti condurranno nella vita, io sarò sempre, comunque, parte di te.” “Tu mi hai tradito, mamma, se mi abbandoni qui ti odierò per sempre; prendi la mia piccola mano e portami lì con te.”
Calde e lente lacrime scesero copiose dai tuoi occhi. Pensai che gli angeli non piangono, ma tu eri più di un angelo, eri la mia mamma e anch’io piansi in silenzio. “Mamma portami con te, se mi ami veramente, prendimi fra le tue braccia.” Girasti la testa e qualcuno ti fece un cenno, qualcuno aveva capito la nostra disperazione, la nostra unione, quel legame che non si era ancora spezzato del tutto e allungasti le braccia, mi prendesti in braccio e fu di nuovo amore infinito fra noi: i tuoi baci, le tue carezze il nostro amore sarebbero continuati per l’eternità.
Nessuno capì il vero motivo di quella mia morte improvvisa.
 Nessuno capì che quello era il compimento del Disegno Divino che ci riguardava.
 In pochi capirono fino in fondo l’insegnamento di quella madre: un bambino è tale fin dal concepimento, e una madre, per il proprio figlio dona anche la vita, una vita che si può interrompere sulla terra ma che ora prosegue per l’eternità.
Noi due capimmo che c’è un amore anche così: breve, intenso e senza fine.
Buon viaggio a tutti voi.



                                                 Veronica con mamma Piera



foto dal web - diritti e proprietà riservati di Milena Ziletti

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