ELOISE
P. SESSANTASEI E SESSANTASETTE
Si svegliò e
riconobbe le voci aldi là della tenda. Leonard ed Allen stavano facendo
colazione e li raggiunse.
Buongiorno. Li salutò con un sorriso mentre le
veniva offerta una fumante tazza di tè.
Buon compleanno, miss Eloise. Che la
vita le possa sempre sorridere. Le dissero i suoi amici porgendole un pacchetto. Questo è a nome di tutti noi. Le disse
Leonard.
Con mani
tremanti ruppe delicatamente la carta. Un astuccio di velluto scuro che aprì
quasi con timore. Un pendente a forma di mezza luna con una pietra luminosa era
posato al centro del raso bianco.
E’ bellissimo. Grazie. Disse con gli occhi umidi
dall’emozione.
Allen e
Leonard si guardarono, avevano deciso di non dirle che era il regalo che Oliver
aveva preparato per lei, sarebbe stato troppo doloroso.
Eloise li
abbracciò entrambi, non riusciva a parlare dalla sorpresa.
E non è ancora finita. Le disse Leonard. Stasera ceneremo nel salone del castello,
sarà la prima cena ufficiale della storia di questo nuovo inizio. Aggiunse.
La giornata
trascorse serena, Eloise e Leonard visitarono ancora il castello e la ragazza
notava ogni particolare, con quanta cura e amore era stato ricostruito ed ora
lo avrebbero abbellito. Molti artigiani, apprendisti e semplici lavoranti
stavano dando un’anima a quel posto, ognuno apportando qualcosa che sarebbe
rimasto nei secoli a venire.
Eloise si
fermò e Leonard la guardò in attesa. Non
noti niente di diverso? Gli chiese. Lui scosse la testa. Il fantasma rosa non si sta lamentando, c’è
un insolito silenzio.
Era vero,
non ci aveva ancora fatto caso ma da quando Eloise era arrivata al castello il
fantasma si era quietato. Sarà felice che
tu sia qui. Le disse Leonard.
Anche il
cielo aveva deciso di tornare sereno quel giorno.
Era ora di
recarsi al castello per la cena. Erano tutti e cinque ben vestiti, si coprirono
bene e raggiunsero l’entrata principale che era illuminata da alcune torce.
Una
cameriera li accolse e prese i loro mantelli, poi li accompagnò nel salone. I
tre camini erano accesi e varie torce illuminavano ogni angolo.
Al centro un
tavolo apparecchiato per cinque. Eloise era emozionata. La cameriera avrebbe
servito loro le varie portate mentre un ragazzo si sarebbe occupato del vino.
Eloise aveva
le mani che le tremavano, si sentiva una principessa, così come le aveva
raccontato suo padre quando erano arrivati in quel posto. Si guardò intorno con
occhi umidi, mai avrebbe immaginato quel cambiamento e che lei vi potesse
entrare come un’ospite di riguardo.
Era immersa
nei suoi pensieri e non si era accorta che sir Power era entrato e con sguardo
attento controllava che tutto fosse in ordine.
Miss Eloise. Si sentì chiamare e riconobbe la
voce.
Sir Power. Gli rispose con un inchino. La ringrazio per questo bellissimo regalo,
farò in modo di farne tesoro. Gli disse.
Il cavaliere
le porse un pacchetto. Spero sia di suo
gradimento, miss Eloise. Le faccio tanti auguri di buon compleanno e le auguro
una vita lunga e felice. Le disse porgendoglielo.
L’uomo se ne
stava andando. Sir Power perché non
rimane con noi? Si sorprese a chiedere.
Ci furono
alcuni attimi di silenzio, era un invito inaspettato. Fu Leonard che intervenne
e aggiunse una sedia mentre la cameriera aggiungeva un altro piatto.
Eloise aprì
il regalo e vide un paio di orecchini con pendenti a forma di girasole,
completavano il collier che le aveva regalato in precedenza.
Grazie, sir Power. Sono davvero molto
belli.
L’atmosfera
si era un po’ raffreddata, la presenza del capo rendeva meno cameratesca la
cena ma l’imbarazzo durò poco. Iniziarono le portate e anche la conversazione
prese vita.
Le ore
passavano spensierate. Steven aveva iniziato a suonare una delle ballate
popolari e tutti insieme avevano cominciato a ballare sotto gli occhi divertiti
di sir Power.
Era molto
tardi quando si ritirarono, felici che la serata fosse andata così bene.
Le quattro
guardie uscirono e lasciarono Eloise e sir Power da soli. Accompagni lei miss Eloise, noi facciamo un giro di controllo. E
uscirono.
Un imbarazzante
silenzio cadde fra i due.
Erano soli
ed Eloise aveva il cuore che le martellava a mille. Ora che aveva preso
consapevolezza dei propri sentimenti le risultava oltremodo difficoltoso
guardare in faccia l’uomo, non voleva tradirsi e cercava disperatamente
qualcosa di dire.
Miss Eloise, ha perso l’uso della
parola? Non è da lei! Le disse sorridendo e prendendola in giro.
La ragazza
alzò lo sguardo e lo puntò direttamente negli occhi dell’uomo. Una scossa passò
fra i due. I meravigliosi occhi della ragazza non potevano nascondere quello
che lei provava e lui ne se accorse, da troppo tempo aspettava il miracolo ed
ora era lì, davanti a lui, gli sarebbe bastato aprire le braccia e stringerla
sul petto.
Fece un
passo avanti e lei non si mosse. Una sola lacrima le solcò il viso, combatteva
dentro di sé una battaglia difficile, doveva resistere, non poteva venirne
niente di buono.
Miss Eloise. La voce di sir Power sembrava un
lamento. Non ci fu né tempo né luogo, solo le braccia dell’uomo che la
stringevano. E’ tutto sbagliato. Ebbe
la forza di dirgli.
Le braccia
dell’uomo la stringevano mentre teneva il viso premuto sul collo delicato
aspirando il profumo dei capelli. Aveva gli occhi chiusi, timoroso di aprirli
per scoprire che si trattava del sogno che troppe volte lo aveva lasciato
spossato.
La ragazza
era rigida fra le sue braccia e teneva il capo sul petto dell’uomo, respirava a
fatica e nella sua mente passavano tutte le emozioni che aveva provato quando
l’aveva baciata in riva al fiume.
I loro cuori
battevano veloci e all’unisono, era come se aspettassero da sempre di trovarsi
così vicini da poter passare da un corpo all’altro.
Soltanto le
poche fiamme rimaste nei camini disturbavano col loro scoppiettare il silenzio
di quel momento così intimo.
I due
rimasero abbracciati a lungo, in silenzio, ascoltando soltanto i loro cuori che
si parlavano più delle parole che avrebbero potuto dire.
Sir Power si
staccò delicatamente dall’abbraccio, abbassò il viso per immergersi negli occhi
umidi di Eloise, le alzò il mento e richiuse gli occhi, non poteva resistere
oltre e lui cercò la bocca di lei.
I loro corpi
erano incatenati, gli occhi chiusi e le lingue si volevano, passione pura
passava fra i loro corpi e non riuscivano a staccarsi.
Sir Power la
sollevò da terra e la portò nella sua camera da letto. Chiuse la porta e la
adagiò sul letto. Si sedette al suo fianco. Era indeciso, lottava contro se
stesso, contro quello che la sua mente gli diceva e quello che il suo cuore
pretendeva. Le accarezzò il viso. Era un gentiluomo e non avrebbe mai fatto
qualcosa che la potesse offendere, ma era lì, nel suo letto e lui spasimava dal
desiderio.
Cosa dobbiamo fare, ora? Le sussurrò stringendole una mano.
Qualunque cosa facciamo ce ne
pentiremo amaramente. Gli rispose.
Le mani
dell’uomo cominciarono a sbottonare la veste di Eloise, pronto a fermarsi se
lei gli avesse fatto un cenno, ma non avvenne.
L’accarezzava
e la spogliava e si riempiva gli occhi di tale bellezza. Aveva sempre saputo
che era bellissima ma non fino a tal punto.
Ci volle
tempo per toglierle anche l’ultimo indumento. Era fermo, seduto al suo fianco,
quasi ipnotizzato e imbarazzato da quello che stava facendo. Fu lei a prendere
l’iniziativa. Gli prese la mano e se la posò sul seno.
Fu come se
esplodessero mille battaglie. Sir Power si spogliò senza sapere come fece e si
distese al suo fianco. Cominciò a baciarla, a baciarle tutto il corpo mentre la
sua erezione sembrava esplodere. Lei non aveva mai visto un uomo nudo ma
conosceva ogni cosa.
La bocca
dell’uomo risalì fino ad imprigionarle le labbra.
Non poteva
più aspettare e, con estrema delicatezza entrò in lei. Non le permise di
lamentarsi mentre la sua verginità veniva lacerata lasciando gocce di sangue
sul lenzuolo. Le braccia di Eloise lo circondarono e poi fu solo il paradiso.
Fu una notte
infinita, poi si addormentarono, sfiniti.
Fu Eloise la
prima a svegliarsi. Guardò l’uomo addormentato al suo fianco, sapeva di amarlo
e sapeva che non avrebbe mai potuto averlo. Si alzò piano e si rivestì. Il
lenzuolo portava il segno della sua verginità perduta, si sarebbe pentita più
avanti, non ora che aveva ancora sulla pelle il sapore di ogni istante passato
con l’uomo che aveva scoperto di amare.
Silenziosamente
uscì mentre fuori l’alba non era ancora spuntata. Non fu sorpresa di trovare Leonard
fuori dalla porta.
Il suo amico
la guardò. Va tutto bene, dolcezza? Le
chiese.
Per ora sì, ma non so fino a quando. Gli rispose.
Leonard
l’avvolse nel mantello e, in silenzio uscirono nell’aria fredda.
Non c’era
nessuno in giro mentre raggiungevano il loro alloggio.
Si fermarono
vicino al cimitero. Il fiato si condensava in spirali che salivano al cielo.
Cosa dirò a mia madre? Come posso
fare finta che non sia successo niente? Porterò il disonore nella mia famiglia
ma sono pronta a rifare ogni cosa, e ne sono spaventata. Gli confidò.
Non preoccuparti, Eloise, tua madre
capirà appena poserà gli occhi su dite. Lei aveva già capito, così come avevo
capito io che siete fatti per stare insieme. La rassicurò.
Ma non potremo mai stare insieme, lui
ha una fidanzata che dovrà sposare, il re non permetterà che sciolga il voto
del matrimonio. E
cominciò a piangere, rendendosi conto di quello che fino a quell’istante aveva
tenuto lontano dai suoi pensieri.
Leonard la
prese fra le braccia. Cercava di consolarla e avrebbe voluto trovare le parole
giuste. Non disperare, dolcezza. Parlerò
al re e perorerò la vostra causa. Non allontanarlo, godetevi ogni istante, vi
amate e questa è la sola cosa che conta.
Eloise si
asciugò le lacrime. Non credo sarà mai
possibile la nostra unione agli occhi di Dio e della gente, sarò solo una
svergognata quando si saprà. Conosco la gente di questo posto, mi dispiace solo
per i miei genitori, per lo scandalo che porterò nella nostra casa. Gli
disse sincera.
Non disperare, dolcezza, non
disperare. Gli
soffiò fra i capelli.
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