ELOISE
P. SETTANTOTTO E SETTANTANOVE
Il grande
tavolo del salone era stato preparato con grande cura, cameriere e camerieri
erano pronti a servire quello che i cuochi della regina avevano preparato.
La sovrana
arrivò seguita da Mariclaire. Presero posto vicine invitando sir Power a sedere
accanto a loro. Erano gli unici commensali.
Mangiarono
in silenzio fino a che i camerieri si ritirarono lasciando una bottiglia di
vino sul tavolo e due vassoi di dolciumi.
Sir Power
non aveva mangiato gran che, si vuotò il vino e attese che la regina si
decidesse a parlare.
Il re mi ha mandata per controllare
se tutto era a posto come lei aveva detto, e devo dire che sono piacevolmente
impressionata da quello che ho visto. C’è ancora tanto da migliorare, è come un
quadro grezzo che ha bisogno di pennellate per diventare un capolavoro, e su
questo confido che miss Mariclaire saprà come dirigere gli ultimi ritocchi. La regina osservava l’uomo che aveva
davanti e sembrava capace di leggergli perfino nell’anima.
Il re ha stabilito la data del nove
settembre ed io gliela confermerò quando torno. Il vescovo celebrerà il
matrimonio e faremo il ricevimento all’aperto, questo piccolo castello non può
contenere tutti gli invitati che ho in mente. Stava continuando quando il fantasma
si fece udire con lamenti talmente dolorosi da far accaponare la pelle.
La regina
guardò sir Power dritto in faccia. Mi può
spiegare, sir Power? Era un ordine più che una richiesta, stavolta non
poteva sorvolare.
Questo palazzo è abitato dal fantasma
rosa, così lo chiamano gli abitanti del posto per il forte profumo di rosa che
si sente nell’aria. Era già qui quando sono arrivato e non se ne è mai andato. Le rispose.
Lo faccia stare zitto! Finchè io sarò
qui non voglio sentirlo! Ordinò perentoria.
Il fantasma,
come se avesse udito le sue parole aumentò i lamenti e i sospiri. Sembrava che
fosse lì nella stessa stanza, ed era la stessa cosa in tutte le stanze del
castello e anche fuori, sembrava un lupo addolorato che ululava alla luna.
Non è in mio potere, mia regina,
riuscire a mandarla via. Le rispose serio ma divertito dentro di sé.
Io partirò domani, questo posto non
fa per me. Devo dire che non lo trovo adatto nemmeno a miss Mariclaire ma
questo è quanto ha deciso il re. Dovrà darsi molto da fare, sir Power per
renderlo piacevole, miss Mariclaire è abituata a ben altro e anche lei dovrà
essere un “signore” migliore di come è stato fin’ora. Qui si rappresenta il re,
e il decoro deve essere più alto. Disse con fare schifato.
Era felice
di sapere che se ne andava. Vi assicuro,
vostra altezza, che farò del mio meglio da qui a settembre. Le rispose.
Un’altra cosa, sir Power, la sua
fidanzata ritorna a palazzo con me, già dovrò lasciarla a lei, ma per il
momento ho bisogno di averla al mio fianco. Le assicuro che arriverà per tempo
per le nozze. Avrà mie notizie nel frattempo. Aggiunse.
Sir Power
trattenne un sospiro di sollievo. Sarebbe stato davvero difficile avere la sua
futura moglie al castello, aveva bisogno di pensare ed era felice che se ne
andassero.
Brindiamo al vostro matrimonio. Levò il calice la regina.
I due
fidanzati fecero altrettanto.
Potete ritirarvi, non la sciupi
troppo, sir Power, domattina la rivoglio fresca e pronta a partire. Gracchiò senza degnarli di uno
sguardo.
I due
fidanzati ebbero il permesso di allontanarsi mentre la regina rimaneva pensosa
a bere un altro boccale di vino.
Stavano
andando nella stanza della donna e sir Power era davvero imbarazzato. Avrebbe
voluto scappare ma, stavolta non ci sarebbe stato nessuno che lo poteva
togliere da quella situazione. Inutile non capire, la regina aveva dato loro un
ordine: dovevano passare la notte insieme.
Raggiunsero
la camera e chiusero la porta.
Mariclaire
si voltò verso il suo fidanzato, il sorriso era sparito dal suo viso e appariva
ben diversa da come si atteggiava di solito.
Sono molto offesa con lei, sir Power.
Non le piaccio? Crede che sia una sprovveduta? Ho visto la sua espressione
quando mi sono spogliata per lei, così come mi sono accorta della sua mancanza
di passione. Crede che la figlia del fabbro sia migliore di me? Gli sputò in faccia. Crede che la regina non sia al corrente di
quello che succede qui? Per quale motivo le ha ordinato di giacere con me
questa notte? Non l’ha capito? Gli disse furibonda. Vuole essere sicura che consumiamo il nostro matrimonio prima del
tempo, così che lei non possa più tirarsi indietro. Ed è quello che voglio
anch’io. Disse ancora.
Era una
donna offesa e tutto lo lasciava ben capire.
Lo guardò,
lui non si era mosso e lei le si parò davanti.
Deve obbedire alla regina! Gli disse furibonda.
Sir Power
stringeva i pugni.
Io obbedisco solo al mio re. Le girò le spalle e uscì.
Leonard lo
aspettava e lo accompagnò al loro alloggio.
Domani se ne vanno. Disse alla sua guardia.
I due
uscirono dal castello, sembrava che sir Power soffocasse lì dentro da quando
era arrivata la regina.
Raggiunsero
l’alloggio ed entrarono. Steven e Leroi stavano dormendo. Allen offrì la branda
di Leonard al suo capo, visibilmente stanco. Quello non se lo fece ripetere due
volte e si sdraiò, sprofondando in un sonno ristoratore.
Allen
osservava Leonard.
Mi hai chiesto se avrei mai avuto
bisogno del tuo aiuto, ebbene è arrivato il momento. Sir Power non deve mai
essere lasciato solo, è in pericolo, molto in pericolo. Gli disse Leonard. Io esco. Aggiunse.
Il suo
compagno fece un cenno con la testa e si mise di guardia davanti all’entrata.
Fuori il
pomeriggio era quasi rovente. Leonard stava ispezionando il terreno in cerca di
qualcosa che lo aveva messo in allerta.
Ci fu una
saetta e una freccia incendiaria colpì vicino al loro alloggio. Fu svelto a
spegnerla e un’altra arrivò subito dopo. Cercò di capire da dove arrivassero e
in quel mentre una terza freccia trapassò l’aria. Ora sapeva da dove partivano.
Spense le poche fiamme e si mise a correre a schiena bassa.
Sapeva bene
che non avrebbe potuto raggiungere in tempo l’arciere ma conosceva bene il
territorio e si diresse nel punto in cui quello doveva passare. Aveva il
fiatone e il viso ferito da alcuni rami troppo bassi ma non sentiva né fatica
né dolore.
In mano
teneva il pugnale, pronto ad usarlo. Arrivò e vide un cavallo legato ad un
albero. Sorrise fra sé, chiunque fosse era stato troppo prevedibile, lui non
avrebbe mai commesso un simile errore.
Si nascose
dietro un cespuglio cercando di riprendere fiato, aveva bisogno delle sue forze
per sopraffare chiunque fosse. Ci vollero solo pochi minuti e sentì i passi
che, cauti e leggeri arrivavano. Il cavallo si innervosì e quello capì che
c’era qualcuno. Estrasse il proprio pugnale e abbandonò a terra la faretra con
l’ultima freccia che non aveva scoccato.
Cauto, si
avvicinò al cavallo guardandosi intorno. Sentiva il pericolo.
Leonard con
un balzo gli fu addosso e cominciarono a lottare. Erano entrambi preparati e
lottavano silenziosi, concentrati per avere la meglio. Leonard sferrò un pugno
in faccia allo sconosciuto e sentì un gemito che, per un attimo lo bloccò.
Quello ne approfittò e riprese il pugnale, ma non fu abbastanza veloce e
Leonard non perse altro tempo e glielo infilò dritto nel cuore. Avrebbe
preferito prenderlo vivo ma non poteva rischiare. Tolse il fazzoletto che
ricopriva il volto del nemico ed ebbe la conferma di quello che aveva
sospettato: era una donna.
La osservò
attentamente ma non l’aveva mai vista. Doveva fare in fretta, sicuramente aveva
dei complici. La caricò sul cavallo e indirizzò lo stesso verso il castello.
Rinfoderò il
pugnale e tornò di corsa al suo alloggio. Tutto era tranquillo. Soltanto Allen
era sveglio e notò le macchie di sangue sulla camicia.
Leonard si
tolse il sangue dalle mani e si cambiò sotto lo sguardo attento del suo
compagno. Io non mi sono mai mosso da
qui. Gli disse. E quello gli rispose con un cenno.
Mi dirai mai quello che sta
succedendo? Gli
chiese.
Appena potrò sarai il primo a sapere.
Rispose sedendosi e
prendendo un boccale di birra.
Passò poco e
fuori si sentì un trambusto. I due uomini si guardarono negli occhi ma non si
mossero, il loro compito era stare dove stava il loro capo.
Arrivò una
guardia cercando sir Power e lo accompagnò alle stalle, il cavallo era tornato
a casa sua.
In terra
giaceva il corpo della donna e sir Power si inginocchiò ad osservarla. Non
l’aveva mai vista. Qualcuno la riconosce?
Chiese ai presenti. Ma nessuno sapeva chi fosse. Si fece avanti un giovane
stalliere. Signore, credo che sia una
donna che lavorava in cucina, l’ho incontrata mentre consegnavo delle uova, ma
non so altro. Disse piuttosto imbarazzato.
Diede ordine
di portare il corpo nella cappella e lasciò due guardie. Non vedeva l’ora che
tutta quella gente se ne andasse.
Fu felice di
non essere invitato a cena dalla regina. Aspettò che la notte passasse senza
chiudere occhio.
Era ancora
notte fonda quando i servi cominciarono a caricare i carri e a preparare tutto
quello che serviva per ritornare a palazzo reale.
La regina e
Mariclaire si presentarono alla partenza a metà mattina. Sir Leonard le
aspettava vicino alla loro carrozza. Le due donne salirono senza degnarlo di uno
sguardo.
Sospirò di
sollevo quando vide anche l’ultimo carro lasciare il castello. Andò alla
cappella e vide che Leonard lo aveva preceduto.
Cosa stai facendo? Gli chiese vedendo il corpo denudato
della donna.
Cerco di scoprire qualcosa, signore. Gli rispose.
Sir Power
rimase ad osservarlo. La sua guardia stava togliendo gli stivali e da uno cadde
un foglio. Lo aprì e vide una piantina della zona fatta con dovizia di
particolari. Qualcuno si era dato molto da fare per prepararla così bene.
La consegnò al
suo capo, lui aveva già visto quello che gli serviva sapere.
Sir Power la
guardò e alzò lo sguardo incontrando gli occhi del suo sottoposto.
Quello è un segnale di pericolo, sir
Power. E non
aggiunse altro.
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