ELOISE
P. OTTANTADUE E OTTANTATRE
Lasciò che
la ragazza riposasse, mancavano ancora due mesi abbondanti al matrimonio e non
sarebbero stati facili per nessuno.
Ritornò nel
boschetto dove aveva lasciato i cadaveri dei loro assalitori.
Lo
sconosciuto che lo aveva aiutato aveva già avvolto i corpi e stava terminando
di ripulire i segni della lotta.
Grazie, senza il tuo intervento
questa volta non ce l’avrei fatta. Disse allo sconosciuto.
Dovere. Gli rispose soltanto.
Io porto via i cadaveri ma tu devi
cercare i loro cavalli e farli sparire. Gli disse quello.
Certamente, non sarà difficile
trovarli. Rispose
aiutandolo con i corpi pesanti dei due assalitori.
Tu sai chi sono io, vero? Gli chiese Leonard.
Certamente, facciamo lo stesso lavoro
e abbiamo lo stesso padrone. Rispose con calma.
Che ordini hai di preciso? Volle sapere Leonard.
Rimarrò qui fino a missione compiuta.
Non mi farò vedere in giro, me ne starò nascosto ma molto vigile, ancora non
sappiamo quanti nemici abbiamo da combattere. Tu sarai al castello ma io
resterò molto vicino alla ragazza, puoi stare tranquillo che non la perderò di
vista quando non ci sarai tu a proteggerla. Chiarì l’uomo.
Avvisami se trovi qualcosa di
importante. Rimarcò
Leonard.
So dove trovarti, non temere, siamo
solo io e te a conoscere tutta la storia e dobbiamo unire le nostre forze. Il
nostro padrone sta agendo con molto senno ma la tua amica sta rischiando
grosso. Sai bene quali sono gli ordini. Sottolineò lo sconosciuto. Ora vado, ho parecchie cose da fare. E si allontanò con i due
cadaveri sulla groppa del suo cavallo.
Leonard
trovò i cavalli degli assalitori ma non trovò niente che spiegasse chi fossero
quegli uomini. Non erano sprovveduti e viaggiavano senza portare con loro
niente che li potesse identificare.
Passò tre
giorni con Eloise e la sua famiglia. La ragazza parlava poco, aiutava spesso il
padre nella fucina. Lui teneva sotto controllo il territorio intorno alla casa
del fabbro. Vide lo sconosciuto nascosto fra gli alberi e capì che poteva
tornare al castello.
Era sotto il
portico con Eloise. Oggi torno al
castello, devo riprendere il lavoro. Puoi stare tranquilla. Tornerò presto. Le
disse abbracciandola. Sappi, dolcezza che
niente è finito finchè non finisce. Lei non rispose, i suoi occhi tristi
parlavano per lei.
Lo
accompagnò a prendere il cavallo e lei sellò Beatrice, lo avrebbe accompagnato
per un pezzo, lui non avrebbe voluto ma non le disse niente.
Luglio era
appena iniziato e il cielo era limpido, senza nubi e il sole picchiava
insensibile alle tristezze umane. Arrivarono vicino all’ansa del fiume e si
salutarono.
Leonard
spinse al galoppo il suo cavallo mentre Eloise andava al fiume. Non avrebbe
voluto andare proprio lì, dove tutto si era consumato, dove tutto era iniziato
ed era finito.
L’acqua
bassa era insensibile al suo dolore, si sedette e vi immerse i piedi. Volò con
i pensieri alle notti passate nel castello con l’uomo che amava, doveva
dimenticarlo ma, finchè rimaneva lì sarebbe stato troppo difficile. Doveva
accettare il fatto che nel letto di sir Power ci sarebbe stata un’altra donna e
per lei solo la vergogna di essersi lasciata andare seguendo il suo cuore. Non
c’era nessuno e cominciò a piangere. Pianse a lungo, ora aveva finito le
lacrime e promise a se stessa che mai più lacrime avrebbe versato per la sua
ormai passata storia d’amore. Doveva pensare al suo futuro e provò ad
immaginare a come sarebbe stato l’uomo che avrebbe sposato, o se non fosse
meglio rimanere sola fino alla fine dei suoi giorni. Il profumo intenso di rosa
la fece decidere.
Prese dal
corsetto il foglio che aveva conservato per tutto quel tempo, l’ultima pagina
del diario di Sara. Lo fece a pezzi e lo abbandonò nell’acqua, lasciando che,
insieme ai suoi sogni infranti portasse via anche quello.
Si rialzò e
tornò da Beatrice.
Non si
accorse che lo sconosciuto aveva raggiunto la riva e recuperato un unico pezzo
di quel disegno sbiadito, che lo aveva asciugato e riposto nel taschino per poi
seguirla fino a casa senza essere visto.
Al castello
i lavori proseguivano ancora più intensi del solito. C’erano le stanze del
padrone e della sua sposa da portare a termine, le cucine da finire e tanti
ritocchi da sistemare.
Sir Power
non si era più allontanato dal castello ed era sempre impegnato a dare ordini e
controllare ogni lavoro svolto.
Le sue
guardie non lo perdevano mai di vista e, per tutto il mese di luglio non
successe niente.
Leonard andò
a trovare Eloise un paio di volte accorgendosi di quanto fosse dimagrita. La
consolava come poteva. I suoi genitori avevano già cominciato a preparare
sacche e bauli per il trasloco.
Arrivò
agosto e con esso, anche delle novità.
Il nove di
settembre si avvicinava a gran velocità. Ancora poche settimane e il castello
avrebbe avuto la sua famiglia benedetta dal re e dalla chiesa.
Agosto era
iniziato e nei campi si lavorava alacremente. Un ragazzino si avvicinò a
Leonard. Il tuo amico ti aspetta. Gli
riferì prima di correre via.
Non era di
turno e si allontanò a piedi fuori dal castello, sarebbe stato l’altro a
decidere quando farsi vedere. Non fece molta strada prima di essere richiamato
nel folto di un boschetto.
Ci sono novità? Chiese subito Leonard.
Ho poco tempo. Gli rispose. Non posso lasciare la ragazza senza protezione. Ci sono movimenti
sospetti, uomini forestieri che sono arrivati e si stanno intrufolando con gli
altri lavoranti. Ho trovato bivacchi e non so dire quanti sono i nemici che
sono venuti. Devi aumentare la protezione a sir Power, io provvederò a quella
della ragazza, ma sono da solo e non potrei coprire tutta la giornata,
soprattutto la notte. Ho l’impressione che non lasceranno niente di intentato. Parlava
sottovoce tenendo sempre la mano sull’elsa del pugnale.
Leonard era
molto preoccupato. Sapeva che l’uomo doveva essere uno dei migliori al servizio
del re, ma anche lui aveva dei limiti ed era da solo.
Non preoccuparti, so come agire e
nessuno sa che sono qui. Aggiunse. Anche la tua copertura potrebbe saltare se non
ti comporti nel modo corretto, e non puoi permettertelo ora che siamo quasi in
dirittura d’arrivo. Io devo tornare. Non aggiunse altro e sparì nel folto
degli alberi.
Leonard
tornò veloce al suo alloggio. Allen lo aspettava, dovevano dare il cambio agli
altri, sollevò un sopracciglio vedendolo così cupo in volto.
C’è qualcosa che non va? Volle sapere Allen.
Ho paura di sì. Convenne. Ricordi l’imboscata che abbiamo subito al ritorno dal palazzo? Siamo in
pericolo come e più di allora. Dobbiamo intensificare la sorveglianza
ma…potrebbe non essere lui quello che vogliono morto! Si era spinto un po’
troppo oltre ma aveva bisogno di aiuto.
Miss Eloise è in pericolo? Chiese Allen senza capire fino in
fondo.
Sì. Gli rispose soltanto.
Va da lei, qui ci pensiamo noi. Gli ordinò il suo capo.
Non posso. E’ qui che devo stare. Gli rispose. Dammi solo del tempo libero.
Raggiunsero
Steven e Leroi e ripristinarono nuovi turni di guardia.
Era una
notte bellissima, i grilli e le lucciole davano a quella terra una sensazione
di magia. Non c’era la luna, tranne il primo spicchio che non riusciva a
rischiarare più delle lucciole.
Leonard era
fuori, in cerca dei nemici del re. Doveva eliminarne più che poteva se voleva
avere una possibilità di riuscire a portare a termine la missione e salvare
Eloise.
Era
silenzioso, annusava l’aria come un segugio ma nessun odore arrivava alle sue
narici. Stavolta, era certo, era stato inviato un contingente di uomini molto
qualificati, ed erano pericolosi.
Era nero
come la notte e aveva tutti i sensi all’erta. Udì un rumore quasi inesistente e
si fermò appoggiandosi al tronco di un albero.
I suoi occhi
si erano abituati al buio e scorse dei movimenti. Si avvicinò furtivo e senza fare
rumore. Quattro uomini erano intenti a studiare qualcosa che avevano davanti, e
lui si ricordò della mappa che aveva trovato addosso alla donna.
Bisbigliavano
e non riusciva a capire quello che dicevano. Una civetta lanciò il suo verso e
quelli alzarono di scatto la testa, in ascolto e rimasero alcuni minuti
immobili e in silenzio. Ripresero a bisbigliare mentre Leonard cercava di
avvicinarsi il più possibile.
Trovò i
quattro cavalli e vide che avevano gli zoccoli ricoperti di stoffa. Con la
massima attenzione li raggiunse e li accarezzò. Era tremendamente vicino ai
quattro sconosciuti, se si fossero accorti di lui sapeva che non ne sarebbe
uscito vivo.
Sfoderò il
pugnale e recise parzialmente le cinghie della sella, uno ad uno. Gli parve di
metterci un’eternità, ma riuscì a farlo e tornare a nascondersi. Lasciò che il
fiato gli tornasse normale prima di allontanarsi di qualche passo. Si mise poco
distante in attesa. Pensò a cosa stesse facendo il suo collega, ma non poteva
distrarsi e cancellò tutti i pensieri. Era un professionista e doveva
dimostrarlo anche in quella situazione.
I quattro
rimasero ancora alcuni minuti a bisbigliare fra loro poi raggiunsero i loro
cavalli. Non facevano nessun rumore e Leonard si chiese chi fossero quegli
uomini così ben addestrati. Salirono in sella e presero la strada che portava
al villaggio.
Leonard li
maledisse, avrebbe preferito che la loro destinazione fosse il castello,
avrebbe avuto qualcuno ad aiutarlo, ma quelli stavano andando alla casa di
Eloise.
Li seguì in
silenzio e a poca distanza, sapeva che non avrebbero corso il rischio di essere
sentiti e cavalcavano con circospezione.
Si sentì un
tonfo e un’imprecazione. Poi un altro. Ora erano sicuri di essere stati
scoperti.
Prepararono
la spada e si disposero in modo da non lasciare scoperto nemmeno un fianco,
sapevano il fatto loro.
Leonard li
osservava cercando di mettere a punto un piano per sopraffarli quando si sentì
toccare una spalla.
Sono qui. Disse lo sconosciuto. In due possiamo farcela.
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